Ideazione, progettazione, realizzazione, revisione: 4 fasi spiegate in dettaglio, per passare dal prodotto al processo, e dall’odio all’amore per le slide.

Ideazione, progettazione, realizzazione, revisione: 4 fasi spiegate in dettaglio, per passare dal prodotto al processo, e dall’odio all’amore per le slide.

C’è un cliché nella scrittura: gli scrittori odiano scrivere, ma amano aver scritto.

Ann Hadley, Total Annarchy #70

Vale anche per chi fa slide, anche per chi le fa di professione. Chiedi loro “ti piace fare le slide?”. Ti diranno di no, quasi sempre, in modo deciso.
Pensavi di essere la sola persona a odiarle?
Ann Hadley cita la sua maestra di dumpling: “Devi innamorarti del lavoro. Molte persone aprono ristoranti perché amano il cibo. Ma non è così che funziona. Devi davvero imparare ad amare il lavoro“.

È così che funziona anche per noi. Le presentazioni efficaci sono il prodotto di un metodo: le amerai solo se imparerai ad amare il metodo stesso. Qui ti parlerò del nostro metodo, non l’unico, ma di sicuro un metodo che sa come farsi amare.

Si fa presto a dire “slide”, ma la verità è che le slide sono un mondo complesso che richiede molte competenze: sintesi, analisi, progettazione. E poi la capacità di strutturare il pensiero in modo efficace attraverso testi, immagini, illustrazioni, grafici, numeri, video, animazioni. Veramente odi tutto-tutto-tutto?

Rifletti e isola la tua idiosincrasia. Hai mai pensato che magari non ti piace usare lo strumento per fare le slide? 
Ti racconto un segreto: neanche a me! Ma in fondo quella è solo una piccola parte di un processo con un flusso più ampio. 

Eccolo qui, il concetto cardine, che ti farà fare una prima – piccola ma consistente – svolta: il processo.
Il processo serve a disegnare un percorso: parti da una fase esplorativa e arrivi alla produzione in modo consapevole e senza perdere tempo.

Il processo permette di costruire l’architettura nella quale inserisci le informazioni adatte a coinvolgere il pubblico.

Per salvare il mondo dalle presentazioni inefficaci e dai discorsi noiosi, dal 2016 portiamo in giro il Metodo Slide Queen. Ormai possiamo dire che ha superato la prova del tempo e delle “variabili di progetto”. 
È un processo diviso in quattro fasi, in cui il “fare le slide” è solo uno dei passaggi. Le altre tre si possono agire anche lontano dalla scrivania perché le presentazioni non sono (solo) le slide: le presentazioni sono un mix di elementi che deve funzionare bene.
Ecco i quattro passaggi chiave.

  1. Ideazione
  2. Progettazione
  3. Realizzazione
  4. Revisione

In principio era (ed è sempre) il caos.

L’ideazione è una fase esplorativa: è quando cerchiamo di trovare le risposte che diano una direzione – precisa, sicura, efficace – al discorso.

L’ideazione è quel momento creativo in cui penso in modo strategico a quelli che noi Queenz chiamiamo i 5 pilastri delle presentazioni: pubblico, speaker, slide, contesto e codice.
Questi cinque elementi creano l’ecosistema in cui verrà messa in scena la mia presentazione.

a. Pubblico

Il pubblico è senza ombra di dubbio l’elemento principale di ogni presentazione, si parla infatti di presentazioni audience-oriented. Ecco le domande che mi devo fare:

  • Il mio pubblico mi conosce: che cosa si aspetta da me?
  • Conosco il pubblico: ho delle informazioni sulle persone a cui presenterò?
  • No: dove e come posso reperire queste informazioni?
  • : come posso costruire la presentazione per parlare il loro linguaggio e avvicinarle a me?

b. Speaker

Per speaker intendiamo la persona che metterà in scena la presentazione. Non è detto che sia la stessa che crea le slide (che noi chiamiamo slide-maker) per cui, nel caso in cui si tratti di persone differenti, è importante che questi attori si allineino tra di loro e ragionino insieme sui pilastri.

c. Slide

Le slide sono la scenografia del mio discorso: non il mio discorso, non mi sostituiscono nel ruolo di speaker. Supportano lo speech e, anche se possono essere un’ancora visiva per chi espone, non sono pensate per questo scopo ma per creare un itinerario visivo per chi mi ascolta.
Tutte le volte che affrontiamo una presentazione dobbiamo chiederci: è il giusto mezzo per comunicare la nostra idea? Perché se il mio scopo è quello di comunicare delle informazioni forse posso evitare di progettare un deck di slide e inviare – per esempio – una mail.

c. Contesto

Il contesto è l’ambiente in cui verrà messa in scena la mia presentazione: le slide sono legate a una tecnologia, per cui è importante capire prima che cosa mi affronterò. Alcune informazioni che devo reperire sono:

  • La presentazione sarà online, offline o ibrida?
  • Con che tecnologia presenterò: potrò usare le note del presentatore?
  • Che attrezzatura avrò a disposizione (per esempio microfono a gelato o ad archetto)?
  • La mia presentazione mi servirà solo da scenografia o dovrò anche inviarla via email?

Con queste risposte avrò gli strumenti per analizzare eventuali vincoli e decidere come impostare il mio progetto.

d. Codice

Una volta che ho chiaro pubblico e contesto, posso pensare al codice linguistico della mia presentazione.
Per codice intendiamo tutti gli elementi – testi, immagini, dati, colori, font, elementi grafici e spazio bianco – che servono a comunicare e supportare il messaggio chiave nelle mie slide.
Lo stesso messaggio è veicolato in modo diverso se:

  • invio le slide o le presento di persona, perché cambia il livello di dettaglio del contenuto
  • il mio pubblico ha 16 anni, o più di 60 anni, perché gli esempi e le analogie devono essere adatte a loro.

Scarica la checklist per la fase di ideazione della presentazione

La progettazione è quella fase in cui dal caos arriviamo a una struttura ordinata, quasi pronta per finire in bella copia sul software che usiamo per presentare. In questa fase raccolgo e ordino il materiale, definisco la struttura e creo lo storyboard.

a. Materiale

La raccolta del materiale è un processo che segue la durata del progetto da presentare: non ridurti a recuperarlo gli ultimi cinque giorni. Potrebbe essere materiale creato su misura, esplorazioni di dati o anche slide prese da vecchie presentazioni (sì, hai letto bene: si-può-fare). Non c’è limite alla fantasia, puoi raccogliere quello che vuoi, ricordandoti principalmente che:

  • la raccolta (come il progetto) può durare tantissimo per cui ti consigliamo di archiviare tutto, e in un unico posto.
  • Se devi attivare qualche dipartimento, parti per tempo, in modo da non trovarti a ridosso della scadenza con un grafico mancante.
  • I materiali che metterai in presentazione, nonostante arrivino dai “luoghi più disparati”, devono essere coerenti dal punto di vista del visual e del contenuto, e rilevanti per quello specifico pubblico a cui parlerai (ricordi, 16 o 60 anni?).

b. Struttura

Una volta recuperati i materiali, struttura gli argomenti della presentazione.

Ci sono tante strutture possibili per una presentazione: dal big bang al viaggio dell’eroe, per dire. La struttura perfetta e universale per tutte le presentazioni non c’è. Ogni struttura ha la sua peculiarità e funziona bene in base a un determinato pubblico e contesto.
Ci sono però alcune accortezze trasversali e valide per tutte:

  • apertura e chiusura sono due parti fondamentali del discorso, apri e chiudi col botto.
  • Racconta una storia, il nostro cervello le ama e le ricorda: usale.

La cosa difficile di questa fase è selezionare con cura il materiale raccolto e avere il coraggio di scartare ciò che non è funzionale e strategico per raggiungere il nostro obiettivo. Fallo a cuor leggero e senza buttare via nulla: quello che scarti oggi ti tornerà utile domani.
È un passo difficile perché ci innamoriamo delle nostre idee, ma se un talk ha un solo obiettivo – eh – dobbiamo eliminare qualcosa: bisogna scegliere. Lo psicologo Barry Schwartz in questo TED Talks ci racconta Il paradosso della scelta, definendola addirittura paralizzante.

Una presentazione di 10 slide è il frutto di un lavoro di sintesi importante: eliminare è il verbo chiave di questa fase.

McKinsey è una delle società di consulenza più selettive al mondo e con cui ho lavorato molte volte in questo settore. I partner senior di McKinsey mi hanno detto che i neo-assunti MBA spesso cercano di stupire i clienti con le loro conoscenze, all’inizio soprattutto creando lunghissime presentazioni PowerPoint. I nuovi consulenti, tuttavia, rapidamente che less is more.
Un partner istruisce i suoi nuovi assunti a ridurre le loro presentazioni di PowerPoint. Il rapporto è di 10 a 1: da 20 slide a solo 2 slide.
Perché i grandi scrittori e i grandi speaker sono anche grandi editor. Non è un caso che alcuni dei discorsi e dei documenti più memorabili della storia siano tra i più brevi. Il discorso di Gettysburg è composto da 272 parole, il discorso di insediamento di John F. Kennedy dura meno di 15 minuti e la Dichiarazione di Indipendenza [Americana] garantisce 3 diritti inalienabili, non 22.

Carmine Gallo, Harvard Business Review – traduzione nostra.

c. Storyboard

Quando arrivi qui la presentazione è – in pratica – già fatta: lo storyboard è lo step prima del mettermi al computer. 
Chi ha inventato la tecnica dello storyboard?
La necessità di dare vita a Steamboat Willie (il papà di Topolino) nel 1928 ha portato Walt Disney alla creazione dello storyboard: di fatto, una storia raccontata in sequenza sul muro. Fu così che scoprì che questa modalità era molto efficace per migliorare la storia.
Nelle presentazioni, lo storyboard è lo schema del contenuto di ogni slide, in cui indico:

  • il tipo di contenuto che voglio inserire
  • il tempo che prevedo di spendere su quella slide.

Se lo storyboard – che noi amiamo fare con i post-it colorati – è preciso, risolvo un paio di questioni in un batter d’occhio:

  • la fase di realizzazione diventa la mera impaginazione delle slide, perché la parte progettuale e di raccolta è già completata.
  • Ho già una visione d’insieme sul mio intervento. Qui posso scegliere cosa cambiare, cosa spostare e cosa togliere per dare risalto ai momenti wow ed eliminare la monotonia dal mio talk.

La fase di slide design riguarda tutto ciò che gravita intorno al visual della mia scenografia: immagini, distribuzione del testo e… spazi bianchi! Ne palriamo diffusamente qui e qui.

a. Spazi bianchi

Il design è quella cosa invisibile che rende fruibile gli elementi che inserisco in una slide. Fruibile vuol dire piacevole, leggibile, ordinato, pulito, leggero. Quindi è l’insieme di allineamenti, pesi e griglie che si susseguono e creano un ritmo e una gerarchia informativa. Che vuol dire anche un sapiente dosaggio “di pieni e di vuoti”. Non sottovalutare l’importanza dei vuoti!

Mads Soegaard, founder dell’Interaction Design Foundation, racconta dell’incredibile potere che hanno spazi bianchi per:

  • nobilitare un contenuto
  • fare respirare il pubblico
  • rendere il design più leggero.

b. Immagini

Le slide sono una scenografia: sostengono il discorso e non devono mai prendere il sopravvento sullə speaker. La trasmissione del messaggio in modo efficace e immediato passa dalla scelta delle immagini, dei caratteri tipografici e dal loro equilibrio.

All’urlo di “Show, don’t tell” noi Slide Queen ribadiamo che le persone recepiscono meglio un messaggio quando usiamo la forza delle immagini accostate alle parole.
In breve. Il nostro cervello lavora principalmente usando due canali: visivo e uditivo. Usiamo il canale visivo per processare il materiale rappresentato visivamente, mentre il canale uditivo è sollecitato da quello che ascoltiamo. Sono due flussi distinti: usati insieme permettono a chi ascolta di imparare e ricordare il messaggio in profondità.

Esperimenti sulla memoria e sulla comunicazione hanno rivelato che le informazioni fornite in fotografie e immagini hanno maggiori probabilità di essere ricordate rispetto alle sole parole: gli scienziati la chiamano “Pictorial superiority”. Secondo il biologo John Medina, la nostra capacità di ricordare le immagini è uno dei nostri maggiori punti di forza.

Siamo incredibili nel ricordare le immagini. Ascolta un’informazione e tre giorni dopo ne ricorderai il 10%. Aggiungi una foto e te ne ricorderai il 65%.

John Medina – traduzione nostra.

c. Testo

Le slide non sono fatte solo di grafici e immagini ma hanno anche del testo. Di solito scritto male.
Ecco tre consigli che puoi mettere in pratica subito:

  • elimina i punti elenco. Ricorda un punto elenco di un solo punto non è un punto elenco, ma una frase.
  • Riduci gli avverbi di modo e le ripetizioni ridondanti.
  • Rielabora i titoli finché siano portatori di significato e non vuoti: il “Chi siamo” va bene per un sito non per un company profile!

La fase più sottovalutata di tutte. E invece è una fase cruciale. Quindi Rileggi, fai rileggere, controlla e poi… PROVA, PROVA, PROVA.

Di solito la fase di revisione viene saltata a piedi pari. E poi succede: quel momento di incredibile imbarazzo quando il pubblico si accorge del refuso che troneggia al centro della tua slide. Non ascolterà più quello che dici, non guarderà più nulla in quella slide perché si concentrerà totalmente su quella h mancante (o di troppo). Mai più. Da oggi in poi, dai alla revisione la stessa importanza delle tre fasi precedenti.

a. Rilettura

Rileggi le slide, ma non rileggerle tu. Dopo tutte le ore a lavorare sul tuo progetto non vedrai più gli errori. È un fenomeno naturale: il tuo cervello sa cosa volevi scrivere e leggerà quello che pensi ci sia scritto.

Quando rileggiamo il nostro lavoro, sappiamo il significato che vogliamo trasmettere. Siccome ci aspettiamo che quel significato sia presente, è più facile per noi non vederlo quando alcune parti sono assenti. Il motivo per cui non vediamo i nostri errori di battitura è perché ciò che vediamo sullo schermo è in competizione con la versione che esiste nella nostra testa.

Tom Stafford, psicologo dell’Università di Sheffield, su Wired UK – traduzione nostra.

È come quando stai andando verso l’aperitivo con le amiche. Sei in macchina, arrivi a destinazione e ti accorgi che hai sbagliato strada. Sovrappensiero hai guidato per il tuo percorso più consueto, quindi magari ora sei davanti al tuo ufficio. A casa di tua madre. Al supermercato. Davanti allo studio dell’analista!

Basta un occhio esterno per notare subito l’accento sbagliato o la foto con la scritta ribaltata. Per iniziare con il piede giusto, scarica questa preziosa guida per scrivere senza errori, gentilmente offerta da Tatiana Cazzaro.

b. Prova

Questa è la fase in cui devo provare, provare e provare (la regole delle 3P!). 
Così vedo se tutto fila e, soprattutto, se mi sento a mio agio con le slide e con la mia scenografia: stiamo lavorando insieme?
Se mi rispondo di sì, so che si creerà quella magia con il pubblico, quella che mi farà fare breccia in chi mi ascolta.

Per ricordarci tutti i passaggi ed essere sicure di tenere tutto il processo sott’occhio, abbiamo elaborato varie checklist.
La buona notizia è che le abbiamo fatte anche per te, puoi scaricarle e usarle quando progetti una presentazione, quando fai la revisione, quando devi preparare un docuslide.

Con la revisione siamo alla fine del processo?

No, ora c’è la fase di esposizione, cioè quella in cui metterai in scena la tua presentazione. Ma quella è un’altra storia, ne parliamo un’altra volta.

ISCRIVITI ALLA SLIDELETTER

Fresca, leggera e molto pratica.
Solo quando serve.
Proprio come dovrebbe essere la tua presentazione.

Una volta al mese: consigli, ispirazioni e un distillato frizzantino di esperienza, per rendere le tue presentazioni memorabili. Da subito.


Questo articolo è l’evoluzione (rivista e integrata) di “Come nasce una presentazione: il metodo” originariamente pubblicato sull’amatissimo C+B.

0
    0