L’umorismo apre le porte della relazione con il pubblico. Ma deve essere contestualizzato, appropriato, ben dosato e COMPRENSIBILE. E come si fa?

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L’umorismo è una chiave immediata per allacciare un rapporto con chi ti ascolta. Niente come una risata scioglie lo speaker e la platea. E vuoi mettere il potere defaticante di una bella risata quando magari sei la dodicesima persona che parla a un evento? E non c’è bisogno di essere a Zelig per fare un talk con una (sana e ponderata) dose di umorismo. Chi l’ha detto che le presentazioni business devono essere per forza noiose?

L’umorismo deve però essere contestualizzato, appropriato, ben dosato e COMPRENSIBILE. E come si fa? Partiamo dalle basi: perché l’umorismo sia efficace, chi parla e chi ascolta devono avere un terreno comune: un codice, un contesto, dei riferimenti. Quindi partiamo dal conoscere il nostro pubblico.

Il temuto critico culinario Anton Ego assaggia la Ratatouille cucinata da Remy, il topolino dal gusto raffinato, e sorride. Non è più un uomo amareggiato dalla vita in un ristorante gourmet; è un bambino felice, nella campagna francese, insieme alla sua mamma. Quel sorriso è la “vittoria” di Remy, perché ha reso immersiva l’esperienza del cattivissimo Ego. Ha creato un legame con il suo pubblico.

Ed è esattamente questo che dobbiamo fare per trasmettere un messaggio in grado di generare un cambiamento nei nostri ascoltatori: creare un legame. Più questo legame sarà coinvolgente, più il messaggio arriverà diretto, più sarà ricordato.

Il rapporto tra pubblico e speaker è materia complessa e affascinante, e approfondiremo presto questo argomento più nel dettaglio. Perché è affascinante? Perché nel circolo virtuoso che si dovrebbe creare tra speaker, slide e pubblico quest’ultimo è l’unico elemento su cui non abbiamo il pieno controllo: è la vera incognita di ogni presentazione.
Per cui, come prima cosa, prenditi del tempo per capire da chi è composto e come connetterti con loro. Mentre prepari il tuo discorso domandati chi lo ascolterà: perché viene ad ascoltarti, quali sono i suoi bisogni reali, come puoi contribuire a risolvere il suo problema.

Ora che hai analizzato i bisogni del pubblico, hai tutto ciò che ti serve per creare contenuti che veicolino il tuo messaggio in un contesto specifico.
Una tecnica per mettersi in sintonia con chi ti ascolta è condividere aneddoti o esperienze personali che facciano scattare l’immedesimazione: chi ti ascolta si riconoscerà nelle tue vicende, aspirazioni, paure, frustrazioni, percorsi. Soffrirà con te mentre cerchi di raggiungere i tuoi obiettivi e gioirà con te quando li raggiungi (presente, no, il viaggio dell’eroe?).

Il palco tende a creare una distanza; mette soggezione sia a chi lo vive da speaker, sia a chi lo vive da pubblico. Parlare di sé, dei propri fallimenti, delle proprie sfide, rende tutto più umano e più vero (se conosco bene il mio pubblico, il 75% ora sta cantando il Pipppero). Le storie personali sono una vera e propria fonte d’ispirazione per il prossimo. Quando decidiamo di raccontare una parte della nostra vita, spesso l’ostacolo è:

Ma io non ho storie eclatanti da raccontare, mica sono J. K. Rowling!

Sfatiamo questo pregiudizio: in realtà, sono proprio gli accadimenti più semplici, e quindi più condivisibili, a rendere un discorso coinvolgente, perché creano subito un terreno comune.
La sempresanta Nancy Duarte ci propone una tecnica semplice e molto efficace: crea un archivio di storie. Siediti, prendi carta e penna e inizia a scrivere nomi di persone, luoghi e oggetti che hanno modellato la tua vita. Non devono avere uno sviluppo cronologico, pensa piuttosto all’importanza che hanno avuto nella tua vita.

Per ogni nome, scrivi un breve testo di alcune righe: ecco qui il tuo archivio di storie. Digitale o cartaceo, non importa, sarà il pozzo magico da cui attingerai per costruire la tua storia, a seconda del pubblico che avrai davanti.
Io, per esempio, quando mi trovo di fronte a un pubblico femminile attingo con più facilità agli aneddoti legati alla mia famiglia o a mia figlia.

Ok, ora ho le storie, ma come le faccio diventare “divertenti”?

Art Markman – un professore di psicologia e marketing incallito appassionato di stand-up comedy, come me – sostiene che per rendere memorabili i nostri discorsi, possiamo mutuare alcune tecniche dai comici professionisti. Eccone due che ho trovato molto utili e messo in pratica nella mia carriera di Slide Queen e speaker di eventi.

Fai crescere il tuo discorso con te

Quando inizi a fare discorsi pubblici è probabile che parlerai più volte dello stesso argomento. Sicuramente progetterai bene il tuo discorso, proverai più volte per provare “se fila” e calcolare i tempi. Ma capirai se funziona solo quando lo testerai di fronte a un pubblico vero.
Proprio come i comici quando preparano un pezzo.

Approfitta di tutte le occasioni in cui presenti il tuo talk per ottenere feedback utili a renderlo più bello, più incisivo, più emozionante e modificalo strada facendo. Il tuo discorso deve crescere con te.
Evidenzia gli elementi che il pubblico apprezza, per esempio prendi nota delle parti che hanno avuto una buona risonanza sui social ed enfatizzale nell’uscita successiva. Se in sala hai qualche collega fatti dire i momenti in cui funzionavi e quelli in cui devi migliorare. Lavora sulle parti in cui ti rendi conto di aver perso il tuo pubblico: riducile o eliminale del tutto. Modifica le storie che non hanno avuto presa, in questo caso averle in un archivio è molto utile, non trovi?
Il tuo talk migliorerà di volta in volta.

Callback

Un’altra tecnica che usano i comici per far ridere sono i callback: richiamano una battuta che hanno detto all’inizio della loro performance.
Oltre a essere divertenti servono anche a rinforzare la memoria: richiamando una parola o un dettaglio di quanto hai detto prima, il cervello del tuo pubblico si attiva su quell’argomento riportandolo alla mente e, in qualche modo, fissandolo.

Il callback crea anche una sorta di filo conduttore lungo il discorso, o una specie di punteggiatura. Tiene viva l’attenzione e, addirittura, crea aspettativa. Se riprendi una battuta una seconda volta, aggiungendo qualcosa, il tuo pubblico si aspetterà anche una terza volta.

Se poi riesci anche a chiudere il discorso con un callback, beh, siamo alla perfezione: niente dà più senso di cura, e provoca piacere nel pubblico, di una presentazione circolare, ovvero che chiude un cerchio facendo vedere la progressione, il cambiamento.

Presente, no, il viaggio dell’eroe? Pensalo non come un cerchio, ma come una spirale

 The Hero’s Journey Spiral © 2019 by Thea Cooke, via Story Hacking di Mafe de Baggis

Ecco quindi che puoi anche mescolare le tecniche. Per esempio racconti un aneddoto all’inizio, e concludi riprendendo l’aneddoto ma aggiungendo qualcosa: può essere la soluzione del problema o la morale (ironica) della storia, oppure lo svelamento della metafora.

In questa intervista raccontiamo come abbiamo applicato l’umorismo per animare un evento (10 oreeee!!!) di cui siamo state presentatrici.

La nostra filosofia:
in tempo, in budget, in focus!

Creiamo insieme l’alchimia tra pubblico e palco, l’unica formula magica che rende il tuo evento un successo.

Basta noia: facciamo brillare il tuo evento.
Dal coaching di palco per aiutare gli speaker a superare la paura di parlare in pubblico, alla co-progettazione del concept del tuo evento: scopri cosa possiamo fare per te!

Il passaggio dello studio del pubblico è essenziale, se vuoi evitare di pestare una merda fare battute inappropriate.

  • Conosci il tuo pubblico e il contesto: l’umorismo che funziona con un gruppo di colleghi potrebbe non essere appropriato (o comprensibile) per un pubblico più formale. L’umorismo efficace è quello che risuona con il tuo pubblico. Considera il loro background culturale, il loro livello di conoscenza dell’argomento e il contesto generale.
  • Evita malintesi culturali: si ricollega al punto sopra. Fai una ricerca accurata prima di fare battute a sfondo sessuale tra gli amish, insomma. In ogni caso una battuta che potrebbe offendere una categoria di persone è sempre inappropriata in un contesto aziendale.
    Momento #Pieroangela: sai che esiste anche una malattia dell’ironia a sproposito? Si chiama Witzelsucht.
  • Sii pertinente: l’umorismo deve essere legato al contenuto della presentazione e non deve essere una ricerca della risata fine a se stessa. La battuta deve essere pertinente all’argomento che stai trattando e deve arricchirlo.
  • Non esagerare: Troppo umorismo può distrarre il pubblico dal messaggio principale. È una questione di dosaggio. L’umorismo può essere anche lungo tutto il discorso, ma allora lo dovrai tenere sempre sottile, mai sguaiato. Guarda, per esempio, questo talk serissimo e divertentissimo di Nicola Bonora sui Bisogni degli utenti.

Hai presente il viaggio dell’eroe, no? Ecco, cerca di far sì che il tuo eroe non sia Fantozzi.

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