Ci sono moltissimi modelli per strutturare le tue presentazioni, qui ne vediamo 3, uno per ognuno di questi obiettivi: comunicare, persuadere, ispirare.

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Le presentazioni, come diciamo sempre, sono una questione di leadership. Per essere leader non è che devi essere Mattarella, dal punto di vista delle presentazioni e del presentation design, chiunque, nel momento in cui prende la parola, è un leader. È un tema quindi di leadership diffusa (approccio dove la responsabilità di guidare e prendere decisioni non è concentrata in una singola figura, ma è condivisa tra diversi membri di un gruppo o organizzazione): chiunque prenda la parola può condurre.

Chiunque prenda la parola è unə leader.

E cosa fa questə leader? Nel momento in cui prende la parola deve comunicare, ovvero deve organizzare un passaggio di informazioni che sia il più possibile chiaro, lineare e accessibile per le persone che sta “conducendo”.
Ora, questa cosa sembra banale ma non lo è, ed è esperienza comune che nella testa di chi parla il concetto è chiaro e lineare, ma non è espresso in modo chiaro e lineare per chi ascolta. Il classico effetto “ha molte (o poche) idee ma confuse”.

La prima cosa che dobbiamo fare, quindi, è strutturare questa benedetta presentazione.
Il “ma sì, vado a braccio” non funziona, a meno che tu non abbia già comunque interiorizzato alla perfezione la struttura che vuoi dare al tuo discorso.

Quali sono i vantaggi di lavorare sulla struttura?

  1. ti sentirai più sicuro come speaker
  2. riuscirai a gestire meglio gli imprevisti
  3. il pubblico seguirà meglio il tuo discorso.

Prima di scegliere la struttura, lavora sull’ideazione e la progettazione della tua presentazione, e lavora su post-it. Come affrontare queste due fasi? Ne parliamo qui.

La struttura è come uno scheletro, a cui aggrappi i muscoli del tuo discorso, i contenuti.
La struttura è un itinerario: ti aiuta a organizzare i pensieri e guida il tuo pubblico attraverso il tuo argomento.
Una buona struttura è invisibile al pubblico ma fa la differenza fra un discorso dimenticabile e uno memorabile.

Le strutture possibili sono 4850 (le conto da sempre, da quando mi hai detto Ma dai, pure tu… ecc.). Ognuno si scelga la sua, quella che più calza a pennello alla sua presentazione e all’obiettivo (comunicare? persuadere? ispirare?) del suo discorso.

Andiamo oltre al solito viaggio dell’eroe, ma per carità, rimaniamo semplici, che dobbiamo scrivere delle presentazioni business, non il grande romanzo americano o il nuovo Signore degli Anelli.

Questo modello ti permette di dire cosa è successo e perché, e di concludere con un invito all’azione (CTA). Per applicarlo rispondi a queste domande:

Questa prima struttura mi piace molto, serve per comunicare, quindi è perfetta per i team interni, per le cose di lavoro ordinarie. È una struttura che serve per entrare dentro al problema e tirare fuori il concetto, il cuore del messaggio.
Molto spesso mettiamo tante cose all’interno della nostra conversazione con il pubblico.  Invece, dobbiamo avere un cuore del messaggio che rappresenta la nostra rotta: andiamo dritti verso quella cosa lì.

Questa struttura può essere a sua volta una struttura interna anche di altre strutture: mi serve a monte per trovare il cuore del mio messaggio che poi declino con altri modelli.

Un modello adatto per persuadere colleghə e stakeholder perché adottino la vostra proposta. Ed è fatto così:

Questa struttura la conosciamo tutti perché è la più persuasiva. È la struttura su cui si fonda il famoso discorso di Martin Luther King “I have a dream”.

È una struttura che può anche essere molto ispirazionale, ma va benissimo anche sul business perché è facile da applicare e facile da riconoscere per chi ascolta, quindi è molto chiara.
Abbiamo un problema, ti do la soluzione e ti dico i tuoi benefici. 

È esattamente quello che dovrebbero fare i leader: risolvono il tuo problema.

Questa struttura è utile per ispirare il tuo pubblico. Ma – spoiler – funzionerà solo se saprai trasformarla in universale. E per universale intendo non per tutti, ma per ciascuno, ognuno a modo suo.

La mia storia non deve essere “Sono nata nel dicembre del 1975 in un piccolo paesino della Svizzera”.
No. Deve essere una mia storia che diventa la tua storia. E poi insieme andiamo verso il futuro.

Ecco la struttura:

Come capisco se è una storia giusta? La storia giusta è una storia di cambiamento.
E per cambiamento intendo proprio quei piccoli momenti lifechanger, quegli attimi sliding doors, in cui magari una decisione che non sembrava importante sul momento si è poi rivelata essenziale. Quei bivi che hanno fatto sì che oggi siete così, e siete qui.

Magari se devi raccontare qualcosa di molto tecnico non è la struttura giusta.

Attenzione, queste 3 strutture, e soprattutto la terza, funzioneranno solo se svilupperai la sempre più essenziale capacità di abbattere la quarta parete, per trasformare l’ascolto passivo del tuo pubblico in ascolto attivo e coinvolto.

Non puoi comunicare, persuadere o ispirare chi dorme, magari pure russando.


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